Castellucci e cattolicucci (5 di 6): impreparati a riparare

Riparare la riparazione. Impreparati

Sono sicuro che i buoni fedeli di Casalecchio in unione coi loro pastori sapranno reagire in modo fermo e composto. Chiedo ai parroci di Casalecchio di fare, dopo la celebrazione delle sante Messe feriali di venerdì e sabato, una preghiera di riparazione, nella forma e modo che riterranno più opportuno. Non escludano eventualmente la celebrazione della S. Messa «per la remissione dei peccati». E che Dio abbia pietà di noi!

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E lo stesso mons. Caffarra con semplicità e verità ci riporta al cuore del tema e alle battute conclusive di questa mia maratona-mosaico. Urge riparare. Sì, perché la citazione biblica, dal ‘sapore’ ironico e pungente – mangeranno il frutto della loro condotta e si sazieranno dei risultati delle loro decisioni – diviene agghiacciante quando si pensi che le conseguenze sociali e spirituali delle feci di Castellucci potrebbero toccare molti di noi, e non lui solo; questo è tanto più vero quanto più restiamo conniventi con lo scandalo dell’autore.

Il Cardinale di Bologna non chiede grosse mobilitazioni; chiede la preghiera al termine della messa, e qualche cerimonia di riparazione. Chiede di prendere consapevolezza della gravità e di opporvisi col miglior gesto del cristiano: la supplica riparatrice.

Il famigerato sacerdozio comune dei fedeli (LG10), sbucato in modo un po’ traumatico nella temperie del Concilio, alla fin fine ci ritrova concordi nella vecchia dottrina sulla Riparazione. Proprio perché il nostro non è un concetto pagano di sacerdozio e di divinità, non servono i sacrifici commissionati al tempio. Proprio perché il nostro è un concetto cristiano di sacerdozio e di divinità, i cristiani devono assumersi l’onere di combattere gli scandali e le blasfemie, di opporvisi offrendo il proprio culto esistenziale, chiedendo che i loro pastori in persona Christi invochino con devozione e amore lo Spirito purificatore sulla Chiesa per il mondo.

Non esagero se dico che la baraonda Castellucci è stata per molti l’occasione di rinfrescare la comprensione della dottrina sulla Riparazione. Ricordo i discorsi del papa nel suo viaggio a Fatima (Santa Messa sulla Spianata del Santuario di Nostra Signora di Fatima – Omelia, del 13-5-2010):

Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini e lo stesso fa qui, in Fatima, quando la Madonna domanda: “Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?

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Troppo a lungo il sacerdozio comune è stato abusato e inteso minimalisticamente; al contrario esso avrebbe dovuto esortare il laicato a una partecipatio più actuosa dentro e fuori le celebrazioni liturgiche. Lo stesso dicasi per la santa Messa, il cui valore sacrificale andava compreso nel più ampio contesto teologico della communio e ne è rimasto invece soffocato, con scacco matto alla communio stessa. I lettori che mi conoscono notano in queste righe come stia frenando tutti i miei istinti anti-conciliaristi. Li freno perché per una volta non servono, non servivano, non sarebbero serviti. Anziché tanti strali contro le imprudenze dei Padri conciliari, quanto più bene avrebbe fatto rendere compattamente la nostra bella testimonianza per un rinvigorimento del valore sacrificale della Messa e del carattere riparatorio a quella annesso.

Occasione relativamente sprecata. Almeno in diocesi ambrosiana.