Glorious bastard

È stato presentato ieri a Torino alla presenza di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, e di Massimo Cacciari, “La sapienza del cuore”, il libro con cui Einaudi festeggia i 70 anni di fr. Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose, nato a Castel Boglione (AT) il 3 marzo 1943. Nel volume (760 pagine, 28 euro), definito nella presentazione “un autentico liber amicorum”, si trovano più di centrotrenta interventi di personalità quali: card. Gianfranco Ravasi, mons. Bruno Forte, mons. Mariano Crociata, Alberto Melloni, ma anche Roberto Bolle, Claudio Magris, Guido Ceronetti, Giovanni Bazoli, Guido Martinetti, Federico Grom, Ferruccio de Bortoli, Ezio Mauro,  Michele Serra, Barbara Spinelli.

Pensare a questo fiero difensore del monachesimo, della ritiratezza e della Chiesa dal basso, che per festeggiare organizza una kermesse auto-celebrativa in un teatro monarchico almeno nel nome, mi ha lasciato perplesso. Peccato vedere che Lombardi e gli altri si siano lasciati definitivamente zittire – è questa la morale dell’evento di iersera – dall’Iniziato.

Il che va a braccetto con l’inquietante auspicio di Fratelenzo:

Ora nella mia anzianità, mi sento di ringraziare il Signore per la primavera che vedo abbozzarsi di nuovo nella Chiesa

Che tradotto in soldoni significa: Vieni, fumo di Satana, vieni e non tardare. Ed ho quasi paura che anche stavolta all’Anno della fede seguirà un flop di qualche tipo.

Non è la prima volta che la Chiesa è chiamata a celebrare un Anno della fede. Il mio venerato Predecessore il Servo di Dio Paolo VI ne indisse uno simile nel 1967, per fare memoria del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo nel diciannovesimo centenario della loro testimonianza suprema. Lo pensò come un momento solenne perché in tutta la Chiesa vi fosse “un’autentica e sincera professione della medesima fede”; egli, inoltre, volle che questa venisse confermata in maniera “individuale e collettiva, libera e cosciente, interiore ed esteriore, umile e franca” [5]. Pensava che in tal modo la Chiesa intera potesse riprendere “esatta coscienza della sua fede, per ravvivarla, per purificarla, per confermarla, per confessarla” [6]. I grandi sconvolgimenti che si verificarono in quell’Anno, resero ancora più evidente la necessità di una simile celebrazione. (Porta fidei)

In memoriam Dossetti

Apparso su Campari e De Maistre

Dossetti a 100 anni dalla nascita. Visto da due testimoni d’eccezione

Avrei tanto voluto scrivere un bell’articolo su Dossetti, ma non ne sono all’altezza.

Allora ho fatto qualcosa di meglio. Sono andato a sbirciare tra due teste di ariete quali fossero i loro pareri sull’amico comune, e ho fatto scoperte interessanti. Le penne duellanti sono, udite udite: mons. Giacomo Biffi (d’ora in poi Monsignore) e il dott. Enzo Bianchi (d’ora in poi Fratelenzo). Il testo di Monsignore è la riedizione di un lavoro precedente, quello di Fratelenzo è un articolo apparso domenica scorsa, la malignità di Satiricus è che Fratelenzo volesse colpire proprio Monsignore. Ma forse ho torto, forse voleva colpire anche tanti altri.

Ora permettetemi di fare con voi un gioco, lascio a voi la lettura ragionata dei due testi, e mi limito a elencarvi i punti in comune. Nell’ordine, siccome sono cavaliere, darò prima la parola a Fratelenzo e poi a Monsignore. Questo rende l’articolo un po’ lungo, ma vi autorizza pure a saltare subito al finale…

Questioni di linguaggio

Fratelenzo imita Fazio e fa lo scandalizzato:

Purtroppo in questo dibattito, cosa inconsueta, proprio nell’ambito ecclesiale si registra un pesante silenzio nel quale si levano alcuni interventi accaniti, tesi a delegittimare la sua figura. Questo provoca in molti cristiani una grande sofferenza, fa emergere quanta ingratitudine possa annidarsi in spazi ecclesiali e quanta insensatezza possa ispirare alcuni ecclesiastici.

Ma Monsignore non si scompone, perché al j’accuse è stato svezzato da tempo:

C’è anche da dire che papa Montini, per il suo naturale temperamento e per la sua abitudine al rispetto dell’interlocutore e alla gentilezza del tratto, non doveva avere una grande simpatia per l’aggressività del linguaggio che talvolta manifestavano gli appartenenti all’ambiente dossettiano. Sono indicativi, a questo riguardo, i giudizi che si leggono nel diario della sua attività conciliare (!) di Angelina Nicora Alberigo al giorno 19 novembre 1963: “Uomini insignificanti come Carli, vescovo di Segni”, “uomini inintelligenti e teologicamente vuoti come Siri”, “uomini conservatori e reazionari come Ottaviani, Ruffini e alcuni nord-americani”. Così erano impietosamente squalificati dei legittimi successori degli Apostoli.

Il Teologo

Fratelenzo lamenta:

Si dice che Dossetti non era un teologo, che nel suo pensiero c’erano lacune perché la sua formazione era quella di un giurista.

Ed effettivamente Monsignore interrogava:

Giuseppe Dossetti è stato anche un vero teologo e un affidabile maestro nella “sacra doctrina”? La questione non è semplice.

Autodafé?

Fratelenzo incalza:

Si dice che Dossetti non era un teologo, che nel suo pensiero c’erano lacune perché la sua formazione era quella di un giurista e il suo curriculum era privo di studi di teologia in una facoltà cattolica, senza ricordare che tratti analoghi sono riscontrabili anche in grandi Padri della Chiesa, a cominciare da sant’Ambrogio.

Monsignore scalza:

Qualcuno domandò una volta a san Tommaso d’Aquino quale fosse il modo migliore di addentrarsi nella sacra doctrina e quindi di diventare un buon teologo. Egli rispose: andare alla scuola di un eccellente teologo.

Dagli ebrei la salvezza

Fratelenzo, scudo umano e uomo della memoria:

Si dice che avesse di Israele quale popolo di Dio e della sua salvezza una lettura non conforme alla dottrina cattolica

Monsignore curiosa nelle sue “Memorie e digressioni di un italiano cardinale”:

Purtroppo, qualcosa che non andava ho effettivamente trovato; ed era l’idea, presentata con favore, che, come Gesù è il Salvatore dei cristiani, la Torah (la Legge mosaica) è, anche attualmente, la strada alla salvezza per gli ebrei.

Semel cum Petro!

Fratelenzo cerca di difendere l’inclinazione giudaizzante del Nostro:

Giovanni Paolo II con audacia era giunto ad affermare [cose che, se sottoposte a raffinate ermeneutiche, sembrerebbero scusare alcune posizioni dubbie di Dossetti, nella fattispecie quelle de judaeis].

Monsignore, che ha costatato con mano l’indifendibile, ricorda altri pontificati

“Quello non è il posto di don Dossetti”, è il commento del papa. [Trattasi di Paolo VI, non certo uno stinco di reazionario. E senza bisogno di ulteriori ermeneutiche]

Temperamento e temperanza

Per Fratelenzo:

Vescovi e cardinali, semplici e poveri cristiani, personaggi importanti della vita sociale, giovani, non credenti, andavano a cercare una sua parola e lui sovente si sottraeva, quasi nascondendosi.

Sed contra:

Dossetti non era solito rinunciare a nessuno dei suoi convincimenti. Ma qui alla fine cedette davanti alla mia avvertenza

Ritorno al futuro

Fratelenzo:

Quando nelle lunghe veglie a Monteveglio, in Terrasanta, a Montesole commentava la parola di Dio contenuta nelle Sacre Scritture, sembrava di ascoltare un Padre della Chiesa.

Monsignore:

Questo “incidente” [l’ostinazione sul de judaeis] mi ha fatto molto riflettere e l’ho giudicato subito di un’estrema gravità, pur se non ne ho parlato allora con nessuno. Ogni alterazione della cristologia compromette fatalmente tutta la prospettiva nella “sacra doctrina”.

La più bella del mondo

Vi è anche chi critica il dossettismo come via politica… [Fratelenzo il mansueto lo accetta] purché non si finisca col mettere in contraddizione tra loro la fede cattolica di Dossetti e il suo impegno politico precedente la scelta presbiterale e monastica.

Monsignore ha la fissa del pastore e nota:

Qualche incresciosa confusione metodologica. Egli proponeva le sue intuizioni politiche con la stessa intransigenza del teologo. [nessun “purché”]

Dopo 50 anni

Fratelenzo celebra:

la sua preziosissima opera al Concilio, dove aveva fornito un apporto decisivo di studio, di consigli e di elaborazione di proposte, coadiuvando in particolare il suo vescovo.

Monsignore sgonfia:

don Dossetti si è lasciato andare a qualche considerazione che deve renderci avvertiti. Egli legge sorprendentemente il suo apporto al Vaticano II alla luce della sua partecipazione ai lavori della Costituente: «Nel momento decisivo proprio la mia esperienza assembleare ha capovolto le sorti del Concilio stesso».

Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico

Il buon samaritano?

Mentre don Giuseppe risiedeva a Gerico, sostai cento giorni a Gerusalemme e potei incontrarlo più volte, e anche p. Carlo Maria Martini, allora all’Istituto biblico di Gerusalemme, veniva ad ascoltare le sue omelie.

Un brigante [per solidarietà col CLN]?

Era ancora un “politico” nel 1974, quando noi sacerdoti milanesi ordinati nel 1950 siamo andati a trovarlo a Gerico. Ormai da diciotto anni egli aveva abbracciato la vita religiosa e da un anno si era dato alla meditazione e alla preghiera in Terra Santa. Eppure ci ha intrattenuti soltanto sulla “catastrofica” politica italiana.

Princeps monachorum

Come il primo dei monaci?!

Come per Antonio, il grande Padre del deserto, di lui si potrebbe dire: «Bastava vederlo».

Sì, magari!

Nei suoi ultimi giorni non esitò a uscire dal suo ritiro e a rompere il silenzio monastico per salvare la “sua” Costituzione.

*

È tutto. Prima di congedarvi, vi do la mia lettura definitiva del testo.

Io di Dossetti probabilmente non ci ho capito ancora nulla, ma mi è chiarissimo che Dossetti è uno dei grandi miti giovanili di Fratelenzo. Voglio dire, tutti hanno il loro idolo da ragazzini. Chi un calciatore, chi un musicista, per me è stato Alvaro Vitali. Fratelenzo ha Dossetti. E che? Vogliamo rimproverarlo per questo? Ci mancherebbe, avessimo tutti degli idoli di tal calibro.

Fratelenzo da Dossetti ha preso quasi tutto: una formazione non ecclesiale (questo giurista, quello economista); la formazione teologica da autodidatta (pur vantando maestri cartacei del calibro di Kung); la vita dimessa e nascosta; l’umile servizio di consigliere a vescovi e papi (questo il Concilio e quello i Sinodi); l’amore per la Bibbia, l’ebraismo e Martini; la tempra da Padre della Chiesa; l’attivismo politico anche a costo di violare la cella; la grafomania. Fratelenzo ha migliorato appena appena il linguaggio. Ha un po’ calcato col look. È davvero tutto.

Quindi, scusate, ma io non me la sento di dire altro su Dossetti, né di prendere posizione pro o contro. Fosse solo per non offendere ulteriormente Fratelenzo e la sua sensibilità sabauda. Anche perché temo si darebbe fuoco per protesta, visto che è pure favorevole alla cosa.

E non credete a Fratelenzo quando scrive:

Da parte mia, nei suoi confronti mi sento di osare una parola forte, con la libertà di chi non è stato suo discepolo ma, anzi, ha avuto sguardi diversi sul monachesimo nel mondo di oggi e sulle altre Chiese cristiane: era veramente un santo, un uomo di Dio e di nessun altro!

Fratelenzo infatti suo discepolo lo è stato, più di molti altri!

A conclusione basti il monito di Dossetti stesso:

Il tema… è quanto mai vivo, attuale, importante. Un punto da chiarire inizialmente è questo: non dobbiamo riguardare a questo tema con sguardo unilaterale.

Sì alla famigliacristianofobia

Essendo reduce da un periodo di cure gastro-intestinali, cerco di tenermi alla larga da tutto ciò che potrebbe nuocere in qualche modo alla mia convalescenza, si tratti di elementi che entrino da dentro (gastro), da dietro (intestinali), o per contagio. Ecco, un esempio di contagio fatale è e rimane Famigliasincretista, da oggi Famigliaomosessualista, anzi no: Conglomereparentalecristiano “A”.

E’ il buon dott. Palmaro a segnalarci l’infelice atto di sodomizzazione che Conglomereparentalecristiano “A” ha accettato, col pubblicare una reclame menzognera in cui si asserisce, di fatto, che l’omosessualità è un dato genetico, di quelli che rendono uno alto, l’altro rosso e il terzo… omosessuale.

purtroppo è tutto vero: se portate in casa vostra Famiglia Cristiana, preparatevi a dover spiegare al pupo che cos’è una lesbica o un gay, preparatevi a tenere seminari serali per chiarire il concetto di omofobia, preparatevi a insegnare con pugno di ferro a tutta la prole, e ovviamente anche al genitore numero due (l’uso di parole come moglie o marito potrebbero essere considerate sintomo di omofobia), che intorno a questo tipo di diversità “non c’è niente da dire”.

La pubblicità su Famiglia Cristiana

Gli sprovveduti di Conglomereparentalecristiano “A” è probabile si giustifichino citando la prima versione del CCC al numero 2358:

Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale; essa costituisce per la maggior parte d loro una prova

Versione ambigua, che fu corretta meno di un lustro dopo, presentando le seguenti varianti:

Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa condizione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova

O forse sono, come sempre, eccessivamente benevolo verso i rinnegati di turno. E dunque non ci sono scuse per loro. E dunque l’unica possibilità che ci rimane è contrattaccare, ad armi pari

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La Chiesa dei falliti

(Don) Vito Mancuso, figlio spirituale del compianto Martini, è ormai il guru indiscusso della diocesi ambrosiana e oltre. Tornielli ha pure scelto di battibeccarci insieme, spererei per dirgliene quattro, ma ne dubito: del resto Tornielli è un vaticanista, mica un prelato.

Ma coi prelati stiamo messi non molto meglio, visto la piega leggera che sta prendendo il Cortile dei Gentili, la faraonica kermesse, nel cui programma c’è di tutto, persino un laboratorio di scrittura creativa, tranne una Messain cui un dotto Ravasi si ostina a non esporsi, lasciando che gli ateologi di turno sfilino in passerella e si facciano pubblicità. La cosa è divenuta così patente che persino quegli sciatti irenisti dei miei docenti di teologia non hanno potuto tacerla in classe

Di questo passo, lungi dal trasformare i praticanti in credenti (mantra caro a Fratelenzo – ovviamente presente ad Assisi con Ravasi, nonostante la riluttanza ad abbandonare la propria cella), perdiamo anche quei pochi praticanti che ci sono rimasti dopo la diaspora post-conciliare.

Niente paura, a sistemare le cose nell’Anno della Fede hanno già provveduto i paolini affidando a (don) Paolo Curtaz un’intera collana di testi, così alla scuola di un modello tanto esemplare ed eccelso non ci sono dubbi che il popolo rifiorirà.

Da parte sua don Gallo, trottola impunita della diocesi genovese, continua a diffondere diffamazioni, e nei suoi interventi

ne ha per tutti, vomita i suoi veleni senza freni, senza controllo. Tanto da non risparmiare neppure Papa Benedetto XVI, ch’egli definisce un «sepolcro imbiancato», “rintanato” in un «nascondiglio dorato». Accusa la Chiesa di esser divenuta «una cappellania dei potenti».

Una scheggia, questa, che fa eco al più ermetico testamento del grande Duce postconciliare:

Io vede nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell’amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace. Dove sono le singole persone piene di generosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala? Io consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici persone fuori dalle righe per i posti direzionali… la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi. Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione. Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio.

Non basta, Avvenire ci regala un meraviglioso dittico in cui applaudire i modelli (della fede?), in una sorta di scimmiottatura del cristiano anonimo in musica sfavillano le figure di Giorgio Gaber e Fabrizio De André, e sono scimmiotte che evolvono nell’elogio sperticato a Theillard de Chardin, uno bastonato da Pio XII, sferzato dal documento Gesù Cristo portatore dell’acqua,  che ora verrà celebrato alla Pontificia Università Gregoriana.

***

Subisco impotente questa cascata di notizie imbarazzanti e resto perplesso e demotivato. Quand’è che la Chiesa ricomincerà a parlare anche noi, cattolici senza troppe ambizioni e senza troppe frustrazioni?

Poi tento una timida reazione e cerco di chiedermi come mai i vescovi spendano migliaia di euro per fare un Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione. A che pro? Bisogna cambiare la cultura, la mente. Tenere le intelligenti aperture conciliari, ma resettare il contesto rivoluzionario che le ha svezzate e non vuole più lasciarle uscire di casa: è la sindrome di Peter Pan dei catto-sessantottardi!

Ditemelo, ditemelo, ve ne prego, che le mie sono letture superficiali di fattori assai complessi. E poi fatemi vedere quando mai alla gente scema come il sottoscritto questi fattori complessi vengono spiegati. Mai. Mai. Oppure a spiegarli portate Fratelenzo o un libro di (don) Curtaz.

E’ una serpe che si morde la coda, un circolo vizioso di sciatteria: abbandono della giusta militanza, apprezzamento delle figure eterodosse, incoraggiamento alla diffusione di idee anti-cristiane, emergenza di modelli border-line, disprezzo della fede popolare media, offerta di maestri inaffidabili ma presentati (preti in crisi vocazionale) sotto mentite spoglie (maestri di spirito e teologia), celebrazione di ante-papi e anti-romani i più svariati, canonizzazione di un concetto di Chiesa per i fragili, i falliti, i disperati.

La Chiesa sembra la controfigura dei cinesi di De Chardin:

degli ‘infantili’ la cui stoffa antropologica sarebbe inferiore alla nostra. Inoltre la loro massa emana un’insuperabile forza di livellamento e di ‘dissoluzione.

Aveva ragione il Duce ambrosianoAbbiamo bisogno del confronto con uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque. Ma una Chiesa basata solo su alternative ad oltranza (è la mia definizione della teologia martiniana) può produrre solo questo:

Scrive, sul “Giornale” del 15 ottobre 2012, l’eurodeputato Magdi Cristiano Allam: “Nel 2066 lo sheikh Ahmad al-Qataani, intervistato da ‘Al Jazeera’, diede queste cifre: ‘Ogni ora 667 musulmani si convertono al cristianesimo. Ogni giorno 16mila musulmani si convertono al cristianesimo. Ogni anno 6 milioni di musulmani si convertono al cristianesimo’”. Dopo aver riportato la denuncia dell’allarmato sceicco, il convertito Magdi Cristiano Allam aggiunge: “Innumerevoli sono le denunce fatte da musulmani che vorrebbero ricevere il battesimo ma si trovano di fronte al rifiuto di sacerdoti cattolici che non vogliono violare le leggi dei Paesi islamici che vietano e sanzionano con il carcere e talvolta con la morte sia chi fa opera di proselitismo sia chi incorre nel ‘reato’ di apostasia”.

Mi dispiace dirlo, ma ormai inizio a sperare nei Neocatecumenali. E nei cinesi: che zittiscano, almeno per orgoglio, i Miti del nostro tempo.