Israele, sionismo e derive estremiste

Molti ignorano il peso confessionale dello Stato di Israele, altri ne sottostimano gli sviluppi. Un’analisi non tacciabile di razzismi vari è quella della testata ebraica progressista torinese Ha Keillah.

Al momento della creazione dello Stato d’Israele, l’Agudat Israel mutò il suo atteggiamento: la Shoah aveva distrutto totalmente i grandi centri dell’ebraismo in Europa centrale ed orientale e la nascita dello Stato d’Israele era un fatto compiuto. Solo una piccola, battagliera minoranza (i Naturei Karta, i chassidim di Satmar) è rimasta fieramente antisionista. David Ben Gurion offrì un compromesso pacificatore. Egli desiderava ardentemente che il pubblico ultra-ortodosso – che lui stesso così come buona parte della leadership sionista laburista e socialista riteneva si sarebbe ridotto numericamente nel corso degli anni – sostenesse pienamente il neonato stato. Quindi promise che lo Shabbat e i giorni di festa religiosa sarebbero stati festivi, che si sarebbe mangiato Kasher in tutte le mense pubbliche, che i tribunali rabbinici sarebbero stati gli unici abilitati a giudicare materie di stato civile, che i giovani studenti delle yeshivot sarebbero stati esentati dal servizio militare.

La dicotomia fra correnti del mondo ebraico religioso sussiste ancora oggi. E, dato che con il sistema elettorale di tipo proporzionale nessuno dei grandi partiti riesce ad ottenere la maggioranza dei seggi parlamentari, i partiti religiosi possono “monetizzare” il loro sostegno al governo. Ma nelle diverse correnti è in atto da tempo una pulsione degenerativa verso l’estremismo, il fanatismo settario.  (Leggi tutto l’articolo)

Israele sionista è il remake della Mosca comunista

Come per il comunismo anche per il sionismo vale il modello muffin: più è gonfio più è vuoto.

Gonfiata è l’utopia all’origine: del puro regno di comunione in terra, del puro regno del popolo ebraico in terra.
Vuota è la realizzazione: un’ideologia in mano a pochi ma efficientissimi manovratori impallinati.

Speriamo che l’esito non sia uguale — speriamo, si fa per dire, a meno per voi sia ancora poco la destabilizzazione del Medioriente e l’invasione migratoria dell’europa.

 Zionism was initially an attempt to erect a Jewish civil society- a Jewish homeland where Jews could be subject to newly formed Jewish civil law instead of religious law.  As much as this idea appealed to some assimilated Jews at the time and a few new Israelis later, Rabbinical Judaism has never approved of the revolutionary innovative move. In fact, Rabbinical Judaism defies the notion of Jewish civil law.  For Israeli Rabbis, it is clear beyond doubt that if Israel defines itself as the Jewish state, it better be driven legally and spiritually by Halacha Laws.

The current debate in Israel is not new. It is as old as the Jewish State, yet there is an intellectually intriguing element in that ideological battle. (QUI)

Uriel da Costa: rimpiangere la Chiesa barocca?

Dedicato a tutti gli amici affetti da sensi di colpa di vario tipo, specialmente riguardo al passato oscuro della Catholica.

Ma fu veramente oscuro? Ormai in molti dicono di no.

Fu dunque perfetto? Nemmeno, e chiedere scusa per le colpe trascorse, proprio perché non assolute né radicali, è cosa buona e giusta.

Però potrebbe essere interessante scoprire che a doversi scusare sarebbero in molti. Anche tra i più insospettati. Lo scopriamo dalla testimonianza di Gilad:

This should not take us by surprise: Israel defines itself as a Jewish state, and Jewishness is, sadly enough, inherently intolerant; indeed, it may be argued that Jewish intolerance is as old as the Jews themselves.

E’ un fatto che si tocca con mano in riferimento alle espulsioni giudaiche, gli herem, di cui il caso più famoso è quello di Spinoza, sebbene non sia l’unico né il più grave:

The spirit of herem is intrinsic to the Judaic teaching and spirit. Many people are aware of Spinoza being subject to a Rabbinical herem. Yet, not many are familiar with the story of Uriel Da Costa.

Cattolico di origini ebraiche, poi riconvertitosi al giudaismo, Da Costa si scontrò a più riprese con il legalismo rabbinico di cui denunciò la decadenza da sponda razionalista, non mancando di prendere parte al decostruzionismo esegetico allora incipiente.

Esilio, espulsione e umiliazioni pubbliche furono il prezzo da pagare. Un’onta tale da indurlo al suicidio

As a punishment for his heretical views, he was publicly given thirty nine lashes at the Portuguese synagogue in Amsterdam, then forced to lie on the floor while the congregation trampled over him. The events left Da Costa traumatised, and he became suicidal. After writing his autobiography, “Exemplar Humanae Vitae” (1640), in which he disclosed his experience as a victim of Jewish intolerance, he set out to end the lives of both his cousin and himself. Seeing his relative approach one day, he grabbed a pistol and pulled the trigger, but it misfired. Then he reached for another, turned it on himself and fired, reportedly dying a terrible death.

Ora la domanda è solo una: ma se medioevo e modernità fossero stati segnati da una maggioranza ebraica anziché cattolica, come sarebbe mutata l’evoluzione dei concetti di tolleranza, perdono, giustizia, ragione? 

Secondo Gilad guardando a Israele oggi potremmo avere una risposta…

In ogni caso il mito della storia in bianco (non cattolici) e nero (Chiesa) non tiene. Mentre per tutti – ma proprio per tutti – val sempre il motto di origini ebraiche

Chi è senza peccato scagli la prima pietra

Un ebreo dice: ebrei inaffidabili…

Parafrasando Epimenide di Creta mi viene da pensare: un ebreo dice che tutti gli ebrei sono inaffidabili…

Non so mai se simili confessioni siano l’inattesa e preziosissima rivelazione di un teorico finalmente lucido e auto-critico rispetto al sistema, oppure l’esternazione di qualche spostato un po’ frustrato e mitomane al modo dei vari Odifreddi, Mancuso etc. (ex-chierici pseudo-esperti di chiesa e tarati nel profondo).

Comunque sia, visto che le stupidate di Mancuso e Odifreddi non ho problemi ad ascoltarle, non vedo perché non ascoltare anche le stupidate di questo ebreo: attivista, pacifista, autocritico e aperto al dialogo coi palestinesi.

Secondo lui (l’intervista inizia da metà filmato) il problema ebraico è dovuto alle manie di persecuzione, al disinteresse per il parere altrui, e – politicamente – allo spirito da colonia chiusa che si respira in Israele (come poi la teologica esclusivista rabbinica possa salvare da simili modelli politici non è dato saperlo).