La Croce di Satiricus

Apparso su Campari & De Maistre

Non ce la faccio più, non tollero più di esser trattato da utile idiota, con argomenti fatui e lacunosi, con totale assenza di auto-critica, con sicumera ottusa e con una superficialità che solo gli intellettualisti possono permettersi. Sembra di sentire gli eurocrati con ministri mai votati al seguito “la crisi è passata, state tranquilli”; sembra l’untuosità sorniona dello stesso Scalfarotto “il mio ddl non vi darà problemi, state tranquilli”. Peccato che qui si tratti di La Croce Quotidiano, dove fin dal primo numero hanno scelto di trattare così il lettore in materia di cattolicismi, puntando evidentemente sul fatto di avere a che fare con un target di destinatari totalmente sprovvisti di conoscenze in merito. Lo dico con totale nausea, ma anche col diritto del cliente, di quello che ci mette i soldi e la faccia per diffondere tra conoscenti e amici il doppio foglio di Marione, formidabile grimaldello sui temi caldi della laicità. Lo dico dagli inizi e qui lo ribadisco: onore agli arditi de La Croce, i redattori che fecero l’impresa. Onore al grande sforzo, alla passione, al coraggio, allo studio, al servizio di questa equipe piacevolissima, soprattutto perché nata dal basso. Sempre più intollerabili stanno divenendo invece i palchetti di Marcotullio – eh già, è a lui che vanno i miei disappunti – roba che quasi rimpiango il normalismo aplomb di Introvigne o il papalisimo anodino di Invernizzi su La Roccia. Qualunquismo mascherato da professionalità, è il mio giudizio personale (un bel po’ calcato: me ne scuso, ma fa parte del mio personaggio). Un qualunquismo pericoloso, sebbene limitato ai temi vaticani, perché in tutto simile a chi sbeffeggia le veglie delle Sentinelle, i Congressi regionali, le bandiere giganti nelle piazze ed in generale tutta la militanza critica pro-life, in quanto espressione eccessivamente allertata di compulsivismo bigotto e conservatore (quasi “essenzialista” in materia bioetica – cfr. più sotto): insomma roba che ti attenderesti dal circolo LGBT o dall’ACLI di quartiere, non da La Croce Quotidiano.

Non dico certo di buttarsi sulla spietata linea Socci (troppo caustico); non pretendo nemmeno di dar spazio all’intelligentissimo e prudentissimo Messori (troppo fine); mi andrebbe bene una posizione che si limitasse a presentare i lati più ortodossi del Magistero ufficiale attuale, smontando le strumentalizzazioni mediatiche su Francesco e sgonfiando il clamore di alcune sue comunicazioni atipiche: questo in effetti serve al cattolico medio, aderente alla battaglia contro i falsi miti di progresso. Per meno di questo, però, non sono disposto a proseguire nella diffusione della Croce. E invece il “meno” lo si tocca e lo si è toccato. Un episodio per tutti. Il 17 marzo Marcotullio se n’è uscito con il riciclo di un’intervista della Stampa a Dianich per un resoconto che bollerei, rendendo addirittura onorifica la critica, come leibniziano. “Chi guarda al Sinodo dell’ottobre venturo con apprensione sembra ignorare la storia della Chiesa”. Udite udite: l’eurozona non è un problema, Scalfarotto non è un problema e la bagarre sinodale sulla famiglia e i sacramenti non è un problema. Viviamo nella migliore delle Chiese possibili, perfetta addirittura, in cui non si ha da temere nulla. Qualcuno profetizza un nuovo terremoto di Lisbona? Una defezione nella fede ecclesiale? Catastrofista! I terremoti sono roba da Medioevo – o qualcosa di simile. Dianich è un esperto, lui ha studiato e sa che non rischiamo nulla, la Chiesa procede sicura, avvezza a dibattiti. “Tutta la storia del cristianesimo è anche la storia di un grande confronto”. Ogni tanto qualcuno muore bastonato “dai suoi monaci”, ma anche questo non è di interesse, tanto più che tale sorte probabilmente non toccherà né a Dianich né a Marcotullio.

Anche io ho studiato, non tanto come Dianich, ma ho studiato, addirittura ho studiato libri e articoli di Dianich, e mi consta che negli ultimi cinquecento anni, a fronte di una Chiesa dottrinalmente salda (sulla carta – carta peraltro ampiamente contestata dai teologi più applauditi), abbiamo perso milioni di fedeli, rastrellati di secolo in secolo dalle ondate prima protestanti, poi illuministiche, poi comuniste ed ora nichiliste (sto semplificando, però in linea di massima tengo dietro alla Spe Salvi di Benedetto XVI). E poi, ardisco precisare, non solo la storia della Chiesa, ma la storia dell’umanità è “la storia di un grande confronto”, apocalittico addirittura, o non fu un grande confronto la Seconda Guerra Mondiale? O non si dice – per usare provocazioni meno gratuite – che le Crociate coi loro laghi di sangue sono state occasione di un grande scambio culturale tra europei ed arabi? Per cominciare dunque mi accontenterei di sottrarre alla banalizzazione irresponsabile questo primo punto, stando peraltro assolutamente al di qua di qualsivoglia critica al Romano Pontefice (così anche i fedelissimi della Croce possono leggere senza scandalo): rendiamoci conto che la Chiesa non è solo il balconcino di San Pietro e il rotocalco degli Acta Apostolicae Sedis; il dramma annusato da taluni insomma non concerne direttamente od esclusivamente la possibilità di stravolgimenti magisteriali o cedimenti pontifici, di documenti discutibili o prassi svecchiate, ma tiene conto del dissesto nel popolo, del tracollo nella vita cristiana ordinaria e nelle vocazioni sia speciali che familiari. Gli scontri, per quanto possano attendersi finali idillici nei sacri palazzi, costano sempre in termini di vittime sul campo, e la mancanza di preveggenza strategica può costar cara ai poveracci della prima linea.

Non basta, di colpo si passa dal tratto consolatorio in perfetto stile Don Raffae’ al pindarismo teologico più estremo. “La presunzione degli essenzialisti sta in questa riduzione del cammino della fede a un procedimento logico”. Chi sarebbero gli essenzialisti? Quelli che difendono la realtà della Eucaristia? Quelli che non trasformano la Comunione in un palliativo psicologico per coppie in crisi e famiglie arcobaleno? Non si capisce. Del resto tale approfondimento supera il livello medio-basso delle riflessioni teologiche ammesse sulla Croce. E allora, proprio per la scelta programmatica di mantenersi ad un tenore di vaticanismo mediocre, paternalistico, pedagogicamente a-problematizzante, divulgativo, non si potrebbe lasciare del tutto esclusi certi temi specifici? È pure in contraddizione con la retorica autobiografica adinolfiana del peccatore recidivo in missione pro-life questa posa catara e innocentista, costruita sul mito di un cattolicesimo tradizionale ignorante e cupo, incline a vedere problemi dappertutto, prigioniero di schemi mentali idioti, così analfabeta da fraintendere sistematicamente tutte le cristalline dichiarazioni di Francesco. Tutto bene, signori lettori, dite il rosario e andate avanti, prenotatevi per il Palalottomatica, alla Chiesa ci pensa lo Spirito Santo (e alla famiglia no? Gli serviamo noi coi pullman da tutta Italia?). Storico e sovente accusato di essenzialismo è – concedetemi un esempio scomodo – Roberto De Mattei, le sue posizioni di militanza culturale possono dispiacere (io non le condivido), il suo lavoro di ricerca sul Concilio Vaticano Secondo può non essere ratificato in tutti i dettagli e nei giudizi conclusivi, ma in esso si mostra come anche il Concilio sia stato teatro di gravi e meschini scontri tra prelati, si documenta che alcune sensibili decisioni dei pontefici sono state influenzate da tali trame, e che il Popolo di Dio ne ha risentito: tutto ciò è innegabile, senza con ciò dover ratificare l’implosione della Chiesa e la fine del Papato. Davanti a bassezze degne di un romanzo della Mazzucco l’innocentismo è peccato, “la fede e la preghiera” chiedono anche astuzia e combattività. È eccessivo scrivere questo su La Croce? Lo è, La Croce si rivolge al popolino dei cristiani semplici, veloci allo scandalo; ma è davvero troppo chiedere, non dico la critica intelligente libera e coraggiosa (tipo Messori, che è l’equivalente di Adinolfi in tema di vaticanerie), ma almeno un rabbonimento che non scada nel ridicolo e nella beffa? E’ troppo chiedere che la consolazione del popolino – affatto digiuno di “essenzialismi” – non passi per l’irrisione di punti teoreticamente complessi, facilmente impugnabili dagli stessi teologi di grido (i teologi scomodi non durano molti anni sulle loro poltrone, teologo Ratzinger docet), comodi solo alla autoreferenzialità del redattore? Tiriamo le fila: che alla fin fine, all’indomani del Sinodo in arrivo, sul Catechismo non appariranno stampate eresie possiamo esser d’accordo nella fede (lo scrivo fingendo di non ricordare il Catechismo Olandese, per quanto non ufficiale, e le relative prefazioni di elogio compilate da teologi né “essenzialisti” né “irenisti”, autentici dianichiani ante litteram). Che sia impossibile la defezione di un Papa eretico, non è serio dirlo ma non è tema da quotidiano popolare. Che si riveli semplice a priori la difesa della fede da parte di Francesco e che il prossimo Sinodo possa correr via liscio, va contro ogni ragionevole previsione storica alla luce delle cronache (ma Marcotullio potrà scegliere di scommettere sull’esito, forte – perché no? – dei consigli pokeristici del suo Direttore). Che il Sinodo straordinario abbia invece già rivelato posizioni materialmente eretiche sia di vari prelati, sia nella prassi di tanto basso clero, sia nel credo di non pochi fedeli è innegabile.
Tralascio altri affondi teologici, ormai sconfortato dalla provata ipocrisia degli ecclesiastici, che contestano con sicumera il Magistero passato, ma si trasformano in pudichi lacchè al cospetto dell’attuale Regnante, che fanno le pulci in aula con certosina minuzia ad almeno 11 secoli di storia della Chiesa, ma poi normalizzano i dissesti del tempo presente elargendo interviste trionfalistiche ad hoc. Curiosa però la dichiarazione sulla prospettiva di studio dell’ecclesiologo intervistato, la quale “non si è orientata verso un’ermeneutica della frattura, né per questo ha rinunciato a mettere in luce le reali e profonde innovazioni”. L’eremeneutica o è della continuità o non lo è, dire “né per questo ha rinunciato” non ha molto senso, si annovera ben che vada tra le chimere e retoriche utili a raggirare la questione o a dimostrarsi ignoranti in materia. Che Benedetto XVI su questa benedetta ermeneutica si sia speso dal 2005 fino all’ultimo discorso prima del congedo non suggerisce proprio nulla a nessuno? Nemmeno a chi ha studiato molto?

Lasciamo perdere e andiamo ad una frase in chiusura dell’articolo che è tutto un programma: “Quanto più la fede è robusta tanto più possiamo permetterci di discutere e di litigare, sicuri che la grazia di Dio ci manterrà nella fede”. Già, chissà che non stia qui il problema, e sì che Francesco ha preso il timone della Chiesa proprio nell’Anno della Fede. Qual è il gioco? I papi indicono anni speciali per riempire la noia delle loro giornate romane? O non era quell’anno, curiosamente corrispondente agli anniversari del Vaticanosecondo e del Catechismo, indice di una crisi fiacca, sempre più fiacca, tutto fuorché sicura o scontata? E sia, sono valutazioni che si giudicano da sé. Ribadisco, forse il popolo di Adinolfi può accontentarsi di un livello di formazione religiosa medio-bassa, quasi stupida, alimentata da mezze notizie gestite opportunisticamente, l’importante è che siano risoluti nel firmare Referendum e nel sentinellare in silenzio, nel far pienone ai convegni contro i falsi miti di progresso e nel creare comitati di sensibilizzazione pro-life locali. Cose sante, che in effetti possono convivere benissimo con la mediocrità della formazione cattolica e con un servilismo funzionale allo spirito di corpo. Il tutto peraltro viene benissimo compensato dal messaggino mensile di Medjugorie. E voglio appunto congedarmi lanciando una sfida in tema. Provate a interrogare i vostri conoscenti, lettori della Croce, ascoltatori di Radio Maria, fedelissimi di Papa Francesco, devoti di Medjugorie, provate a metterli spalle al muro: dovessero scegliere tra Medjugorie e Francesco, che farebbero? Io ci ho provato ed ho fatto scoperte mirabolanti. Ho scoperto che la Chiesa è piena di normalisti che si spacciano devoti di Francesco, solo perché lo ignorano crassamente quando gli fa comodo, per esempio nella devozione a Medjugorie. “Il Papa – testuali parole – non può opporsi alla Madonna”, così un capo-gruppo locale attivissimo nella causa pro-life. Ho capito tutto: non c’è niente da capire.
E con tutto questo il sottoscritto compra La Croce, va a Medjugorie, obbedisce al Papa, dà spazio ai ragionevoli dubbi e prega e teme per l’esito della fede fragile della Chiesa. Anche Dio ne sembra preoccupato, a giudicare dalla marea di martiri che ci sta donando. Ma il Dianich di Marcotullio è tranquillo, lui ha studiato che tanto i martiri ci sono da sempre.