(Don) Vito Mancuso, figlio spirituale del compianto Martini, è ormai il guru indiscusso della diocesi ambrosiana e oltre. Tornielli ha pure scelto di battibeccarci insieme, spererei per dirgliene quattro, ma ne dubito: del resto Tornielli è un vaticanista, mica un prelato.
Ma coi prelati stiamo messi non molto meglio, visto la piega leggera che sta prendendo il Cortile dei Gentili, la faraonica kermesse, nel cui programma c’è di tutto, persino un laboratorio di scrittura creativa, tranne una Messa, in cui un dotto Ravasi si ostina a non esporsi, lasciando che gli ateologi di turno sfilino in passerella e si facciano pubblicità. La cosa è divenuta così patente che persino quegli sciatti irenisti dei miei docenti di teologia non hanno potuto tacerla in classe
Di questo passo, lungi dal trasformare i praticanti in credenti (mantra caro a Fratelenzo – ovviamente presente ad Assisi con Ravasi, nonostante la riluttanza ad abbandonare la propria cella), perdiamo anche quei pochi praticanti che ci sono rimasti dopo la diaspora post-conciliare.
Niente paura, a sistemare le cose nell’Anno della Fede hanno già provveduto i paolini affidando a (don) Paolo Curtaz un’intera collana di testi, così alla scuola di un modello tanto esemplare ed eccelso non ci sono dubbi che il popolo rifiorirà.
Da parte sua don Gallo, trottola impunita della diocesi genovese, continua a diffondere diffamazioni, e nei suoi interventi
Una scheggia, questa, che fa eco al più ermetico testamento del grande Duce postconciliare:
Non basta, Avvenire ci regala un meraviglioso dittico in cui applaudire i modelli (della fede?), in una sorta di scimmiottatura del cristiano anonimo in musica sfavillano le figure di Giorgio Gaber e Fabrizio De André, e sono scimmiotte che evolvono nell’elogio sperticato a Theillard de Chardin, uno bastonato da Pio XII, sferzato dal documento Gesù Cristo portatore dell’acqua, che ora verrà celebrato alla Pontificia Università Gregoriana.
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Subisco impotente questa cascata di notizie imbarazzanti e resto perplesso e demotivato. Quand’è che la Chiesa ricomincerà a parlare anche noi, cattolici senza troppe ambizioni e senza troppe frustrazioni?
Poi tento una timida reazione e cerco di chiedermi come mai i vescovi spendano migliaia di euro per fare un Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione. A che pro? Bisogna cambiare la cultura, la mente. Tenere le intelligenti aperture conciliari, ma resettare il contesto rivoluzionario che le ha svezzate e non vuole più lasciarle uscire di casa: è la sindrome di Peter Pan dei catto-sessantottardi!
Ditemelo, ditemelo, ve ne prego, che le mie sono letture superficiali di fattori assai complessi. E poi fatemi vedere quando mai alla gente scema come il sottoscritto questi fattori complessi vengono spiegati. Mai. Mai. Oppure a spiegarli portate Fratelenzo o un libro di (don) Curtaz.
E’ una serpe che si morde la coda, un circolo vizioso di sciatteria: abbandono della giusta militanza, apprezzamento delle figure eterodosse, incoraggiamento alla diffusione di idee anti-cristiane, emergenza di modelli border-line, disprezzo della fede popolare media, offerta di maestri inaffidabili ma presentati (preti in crisi vocazionale) sotto mentite spoglie (maestri di spirito e teologia), celebrazione di ante-papi e anti-romani i più svariati, canonizzazione di un concetto di Chiesa per i fragili, i falliti, i disperati.
La Chiesa sembra la controfigura dei cinesi di De Chardin:
Aveva ragione il Duce ambrosiano: Abbiamo bisogno del confronto con uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque. Ma una Chiesa basata solo su alternative ad oltranza (è la mia definizione della teologia martiniana) può produrre solo questo:
Mi dispiace dirlo, ma ormai inizio a sperare nei Neocatecumenali. E nei cinesi: che zittiscano, almeno per orgoglio, i Miti del nostro tempo.