Un rimedio Zen al Coronavirus

Ma sarà un caso che il Coronavirus dovesse emergere proprio dalla Cina? Da quella Cina che Roma ha abbandonato al potere di questo mondo? Dalla Cina della Chiesa sommersa che è stata venduta al Maligno e che ora rilascia, asintomatico come una Chiesa clandestina, il morbo in grado di spaventare l’intera ecumene?

Dunque propongo che il Pontefice riceva Zen a colloquio.

Intanto i preti celebrino qualche santa Messa contro i morbi e le epidemie e i laici pratichino gli esercizi di buona morte.

E gli scienziati pensino a quel che rimane.

Quale posto per i cattolici nella Chiesa?

Cosa c’è di peggio dell’uso talismanico di termini teologico-pastorali fatto dai Pastori negli ultimi anni? Semplice, l’uso talismanico di Concili e Sinodi.

Con altri termini l’allora card. Ratzinger accusava l’ideazione di un ‘super-Concilio’, cioè la tendenza a caricare il 21° Concilio della Chiesa di una sorta di super-potere che lo rendesse più forte dei 20 che lo avevano preceduto.

L’operazione è mediatica, non teologica, ma resta il fatto che in tempo di media tale operazione ha prevalso. Nella Chiesa la coscienza della Tradizione scema, mentre le mode degli ultimi decenni trionfano.

Il Sinodo sui Giovani, appena conclusosi, patisce lo stesso dinamismo. Sempre più raffinato. Eccone la prova.

Aveva fatto discutere l’inserzione dell’acronimo LGBT nel documento pre-sinodale, al punto che esso risulta scomparso nella relazione conclusiva. del resto poco importa cosa abbia davvero detto il Sinodo o cosa dirà il Pontefice nella Esortazione Apostolica che probabilmente ne deriverà. Per i Vescovi il Sinodo è evidentemente solo una scusante per sondare nuovi temi di trasgressione, sui quali procedere con o senza il placet della Chiesa universale.

Ne è prova l’iniziativa delle Diocesi lombarde, che per il secondo anno consecutivo convocheranno a Caravaggio un tavolo di dialogo per ‘cattolici LGBT’.

La Propaganda è partita ben prima del Sinodo, a conferma che questo è solo una scusa per promuovere progetti elaborati su ben altri tavoli. Si tratta dunque di un evento parallelo o alternativo all’assise vaticana? Sembra di no, infatti a Caravaggio interverranno anche i giovani uditori ospitati al Sinodo romano.

Il dialogo tra Diocesi lombarde e LGBT cattolici è dunque fatto proprio in nome del Sinodo (ci sono gli uditori), prescindendo dagli esiti del Sinodo (si parla di LGBT).

La Pastorale talismanica, ecco l’ultimo ritrovato del diavolo per affondare la Chiesa. La organizzazione cioè di eventi che in sé non interessano, ma che fungono da motori di nuove dinamiche intra-ecclesiali.

Quanto ai contenuti che ci attendono a Caravaggio, un paio di accenni.

Anzitutto qualcuno mi spiegherà cosa significhi la sigla ‘LGBT cattolici’. A casa mia LGBT indica i movimenti gender, realtà ispirate a una visione nichilista e post-strutturalista del mondo, antitetica e incompatibile con la proposta cristiana. Non si parla insomma di omosessuali in ricerca di Gesù, ma di ben altro. A questo punto mi attendo che i vescovi dialoghino anche con gli ‘scafisti cattolici’, uomini che cercano un porto cui approdare nel proprio cammino di fede. Facezie a parte, non si capisce con che intenzione le Diocesi sposino il linguaggio nichilista: perché hanno disertato la Verità di Cristo o perché credono così di risultare più comprensibili ai loro interlocutori?

Dalla presentazione appare poi che tra gli obiettivi del Tavolo di dialogo c’è quello di mettere in contatto tra loro i LGBT cattolici quasi a costituirli in rete (fonte). Siccome tra loro non riescono a coordinarsi, li aiutiamo noi nell’intento. La Chiesa dunque opera per rafforzare le strutture di peccato?

E questo scempio vanno a farlo sotto il manto della Madonna, vergine.

Se questo è ciò che rimane di un Sinodo e della gioventù cattolica e della collegialità episcopale, siamo veramente al nulla.

Coscienza contro verità

Campari & de MaistreApparso su Campari & de Maistre

Sempre nette le interviste del card. Burke, un tempo cardinale cattolico e oggi cardinale tradizionalista (simile sorte capitò a mons. Lefebvre, la mediti chi non ha paraocchi o pregiudizi troppo spessi a riguardo): “The fact is that the synod could not open a door which does not exist and cannot exist, namely, a discernment in conscience which contradicts the truth about the supreme sanctity of the Most Holy Eucharist and the indissolubility of the marriage bond”.

Merita notare il doppio scacco denunciato dal prelato americano:
1) l’instaurarsi di un conflitto tra coscienza umana e Verità divina, cosa che orienterebbe alla conflagrazione della possibilità e del senso stesso Rivelazione, nella misura in cui la Sapienza si trovasse strutturalmente impossibilitata ad essere accolta nel sacrario dell’umanità e, appunto, della coscienza (altro che Natale e mysterium incarnationis!).
2) l’instaurarsi di un conflitto alla radice della deontologia sacerdotale, che renderebbe particolarmente gravoso e potrebbe demolire un fondamento importante relativo a identità e missione sacerdotale: uomo di Dio? uomo della coscienza? della coscienza o delle coscienze? uomo di Chiesa o di coscienze?
Nulla da eccepire quando i teologi rimproverano alcuni limiti al Vaticano I, per esempio la visione intellettualistica della Rivelazione (Dio che rivela verità, anziché rivelare se stesso). Se però l’alternativa è la dissoluzione della ratio, siamo messi davvero male (non arriva a tanto il Vaticano II, ma così predicano i suoi ritrovati estensori). Se poi tale dissoluzione deve venire dal direttore della Civiltà Cattolica e da simili pezzi da 90, la questione si fa tragica.
E qui non c’è peronismo che tenga, non c’è gesuitismo che tenga, non c’è pastorale che tenga, si tratterebbe del suicidio del senso, della contraddizione logico-gnoseologica e del trionfo di antichi miti esoterici, di per sé bastanti a detonare chiese, comandi e populismi di ogni tipo. La domanda slitta e si fa più acre rispetto alla sua prima formulazione post-conciliare. Lì suonava così: perché il prete dovrebbe obbedire al Papa, quando il Papa non obbedisce alla Verità? Ora si è mutata: perché il prete dovrebbe obbedire al Papa, se lui stesso (il prete) in coscienza non può nemmeno più obbedire alla Verità? La prima era una domanda da lefebvriano, roba di nicchia; questa seconda è una domanda universale, roba da katechon.
Ci salvi Chi può.

Sul concetto di Chiesa nell’era franceschiana

Apparso su Campari & de Maistre

L’attacco all’empio spettacolo di Castellucci, “Sul concetto di volto nel Figlio di Dio”, i cui sviluppi peraltro si sono confermati ancor più truci del previsto, mi aveva impegnato per sei lunghi articoli, in tempi non sospetti di facili schieramenti, incluso un affondo a quell’Antonio Socci che dal 2013 in qua ha invece cambiato e volto e toni.  Per chi non ricordasse, Castellucci aveva inscenato un teatro in cui una colata di feci simboliche scendeva sulla gigantografia del Cristo di Antonello da Messina; gli sviluppi turpi, dei quali peraltro sono poco informato, includerebbero schiere di bambini invitati a gettare sassi contro al medesimo Volto. Sei articoli, ovviamente datati ai tempi dell’Università, quando avevo più spazio per certe imprese. Oggi vorrei ritrattare, vorrei accodarmi a Socci che definiva autentica arte, potente espressione dell’umano, quelle regie estreme di Castellucci. Devo farlo, altrimenti non saprei come giudicare lo spettacolo kitch dell’8 dicembre in cui, per dirla con un parafrasi condensata, la Chiesa si è lasciata sodomizzare dagli illuminati: fiat lux, un sequel di icone selvatiche, inneggio all’animalismo, spregio del principio antropico, negazione dell’Immacolata, sottomissione del teologico al politico, finanziate da enti abortisti e mondialisti, proiettate sulla facciata di San Pietro.

Meglio la merda di un artista ateo sul volto di Nostro Signore; non bene, ma meglio. Il fumo di satana, entrato nella Chiesa, ora sembra fuoriuscirne da ogni stipite, fino ad avvolgerne e ad abbracciarne l’intera facciata.  Avrei provato disgusto anche se si fossero proiettate le opere di qualche artista classico del sacro, San Pietro è simbolo di fede, non supporto per spettacolini. Che poi, ancora s’odono le risate di chi denuncia la partecipazione flebile del popolo agli eventi di Chiesa dell’8 mattina; riteniamo forse di supplirvi con mega-show pubblicitari da salotto? L’abominio: sui social amici di ogni tipo, inclusi quindi i molti moderati che neppur sospettano la mia anonima partecipazione ai blog del dissenso, mi contattano e definiscono così la pagliacciata vaticana, riferendosi all’abominio della desolazione.

L’abominio però non sarebbe lo spettacolo, ma la situazione di totale resa culturale della Chiesa contemporanea, l’abominio sarebbe chi la sta mettendo in tale vergognoso stato, a partire dal popolo emotivo e dai preti da applauso.  Dopo il vilipendio del pretorio mistico, vissuto da Benedetto XVI, sembra stiamo entrando nella fase dei tradimenti e delle flagellazioni. Benedetto XVI ci aveva avvisati, serviva una critica umile e profonda della Chiesa dal Concilio in qua. Non l’abbiamo voluta, non l’abbiamo voluto, il resto era tutto già scritto e ci avvilirà per molto ancora. Siamo solo all’inizio, temo. Morale della favola: i grandi maestri spirituali insegnano a fuggire con orrore le tentazioni, io fino a data da precisarsi, ritengo di fuggire con orrore il Vaticano e le sue non angeliche coorti. Di certo la soglia di San Pietro, la San Pietro di scimmie e fere, non vedrà il mio passaggio in quest’anno; vedrà invece il mio contributo l’impegno ad impetrare Misericordia da Dio, sulla mia fede fragile e incoerente anzitutto, e poi sulla Chiesa delle scimmie, che nemmeno più distingue, né tantomeno sa fuggire, atti di materiale apostasia.